Gestione delle folle: quando un modello matematico può salvare molte vite

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Ovvero, come la gestione delle folle, in particolare nei momenti di emergenza, può essere studiata, prevista e anche controllata.

 

Intervista ad Andrea Tosin, Associate Professor of Mathematical Physics (MAT/07) Department of Mathematical Sciences “G. L. Lagrange”, Politecnico di Torino

Gli esseri umani sono soggetti a razionalità limitata. Per questo motivo, volenti o nolenti, nelle situazioni di allarme, di pericolo, di panico improvviso rischiano di perdere il controllo mettendo a rischio non solo la propria sicurezza ma anche quella di chi sta vicino. Eppure, anche quando perdiamo il controllo, compiamo una serie di azioni che ci consente di metterci in salvo: comportamenti casuali, “sesto senso” oppure le nostre reazioni possono essere indotte dall’esterno? La risposta è nascosta tra le pieghe della matematica applicata come ci spiega Andrea Tosin.

«Non si può venire facilmente a capo del rapporto tra razionalità e panico nelle situazioni di emergenza. Le singole persone che si trovano, ad esempio, in un edificio da evacuare spesso non sono consapevoli di far parte di un gruppo che in base ai comportamenti individuali esibisce dei comportamenti collettivi, di massa, che possono anche essere catastrofici. Quando uno è immerso in una folla non pensa tanto al gruppo quanto alla propria individualità e alle interazioni con chi gli sta vicino. Ma è proprio sul comportamento di massa che si vedono gli effetti nefasti della perdita di razionalità e dell’insorgere del panico».

Quindi il controllo della massa in situazioni di pericolo è un problema senza soluzione?

Non proprio. Per quanto riguarda lo studio dei comportamenti delle folle non abbiamo una teoria fisica di base perché non siamo di fronte a oggetti meccanici che reagiscono allo stesso modo di fronte agli stessi stimoli. Non possiamo, dunque, pervenire a previsioni delle reazioni dei singoli individui post insorgenza del panico perché ci sarebbe una variabilità eccessiva. Possiamo però provare a prevedere quando le reazioni di una folla iniziano a discostarsi dal comportamento medio normale: si tratta di codificare alcuni segnali premonitori di una situazione di pericolo, provando poi a intervenire per evitare l’insorgere di degenerazioni.

Ci sta dicendo che il comportamento della massa può essere condizionato?

Anche ammesso che si riuscisse a capire che cosa dovrebbe fare ogni singolo individuo affinché il comportamento della massa fosse il più razionale possibile, sarebbe impensabile andare da ogni componente della folla e spingerlo a comportarsi in una determinata maniera. Si può, però, attuare una serie di strategie per convertire le reazioni istintive e irrazionali in qualcosa di un po’ più razionale, senza far capire ai soggetti che stai convogliando i loro comportamenti verso un determinato obiettivo.

Ricorda molto il “Grande Fratello” di orwelliana memoria.

Ma in questo caso al posto del Partito che vuole controllare la vita dei cittadini abbiamo gli addetti alla sicurezza che provano a salvarla attraverso modelli matematici.

In che modo?

Prendiamo il classico contesto dell’evacuazione di una stanza, con un’unica via d’uscita e tante persone che si accalcano nei suoi pressi. Se non c’è cooperazione, è plausibile che si crei un ingorgo perché tutti puntano a uscire per primi. Se davanti all’uscita viene posto un ostacolo (colonna, armadio, scrivania), che naturalmente deve avere forma, dimensione e posizione studiate attraverso un apposito modello matematico, ci si aspetta che il flusso verso l’uscita ne risulti intralciato. Invece, il movimento complessivo della folla potrebbe trarre giovamento da questa “intrusione”. Se, infatti, è vero che il singolo individuo deve compiere un tratto più lungo di strada per liberare la stanza, è altrettanto vero che questo allungamento consente di arrivare davanti all’uscita attraverso percorsi differenti, che necessitano di tempi diversi per essere completati. In questo modo, se il modello è stato studiato correttamente, la folla defluisce in maniera costante, senza creare ingorghi. I singoli continuano a comportarsi istintivamente nel tentativo di aggirare l’ostacolo ma la folla è stata inconsapevolmente suddivisa e ottimizza l’evacuazione.

La matematica come via di salvezza dal panico. Un bel messaggio per studenti grandi e piccini.

In realtà, i modelli matematici non vengono utilizzati tanto in maniera predittiva quanto piuttosto esplorativa. Siamo in una fase di interlocuzione tra chi produce i modelli per la gestione delle folle e chi, invece, vorrebbe andare oltre i test da laboratorio e passare all’attuazione concreta. I modelli, però, possono solo permetterci di verificare la veridicità di determinate statistiche ma non ci dicono quali sono le leggi fisiche che stanno dietro alla formazione del panico. Insomma, fin tanto che la gente si comporta esattamente come pensavamo si potesse comportare, il modello funziona ma nel momento in cui il comportamento anche di un solo individuo sfugge a questi canoni sia il modello più semplice che quello più sofisticato rischiano di non essere di grande aiuto nella realtà concreta. Insomma, al momento abbiamo più problemi che soluzioni ma è giusto che sia così perché lo studio del comportamento delle folle è un campo di ricerca tuttora attivo.

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